13 artisti per 13 obelischi
per i 100 anni di Tutankhamon

7 – 27 Aprile 2022

 

Dal lunedì al sabato dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 20.
Domenica e lunedì mattina, chiuso e si riceve anche per appuntamento.

 

“Su tutta la città irraggiava il suo fulgore la punta quadrangolare dorata del gigantesco obelisco di lucido granito, sorgente su un’ampia base dinanzi al tempio del Sole”

Thomas Mann, Giuseppe e i suoi fratelli

 

A cento anni dalla scoperta di Howard Carter della tomba quasi inviolata di Tutankhamon, il Faraone fanciullo, sposo della piccola Anchesenamon, figlia del celebre faraone eretico Akhenaton (forse sua sorella da parte di padre), si festeggia quel rinvenimento avvenuto nel novembre del 1922. Cui seguirono molti altri anni di lavoro per fotografare, catalogare, sgomberare e trasferire tesori di eccezionale qualità che hanno arricchito il mondo, basti pensare che la bara e la maschera funeraria del Faraone entrambe in oro, sono ormai icone planetarie. Nel centenario appunto, Francesca Anfosso, ha sposato un’idea di Paolo Giorgi e ha deciso di ordinare presso la sua Galleria 28 Piazza di Pietra, una singolare mostra collettiva, trasversale al Faraone fanciullo con 11 degli artisti della figurazione e del realismo magico tra pittori e pittrici, insieme a due fotografi tra i più incisivi nel restituire anche loro una visione del reale, sempre originale e soggettiva. Un viaggio di artisti di più generazioni, tutti coinvolti ciascuno in un’opera a misura unica (60x40), con oggetto un’incursione del vedutismo “colto” teso questo, a scandagliare la segreta e misteriosa evocatività cui ci rimandano i 13 obelischi. Un patrimonio che, unica città al mondo, adorna oggi alcune tra le più celebri piazze e luoghi di Roma. Parigi ha il suo obelisco come Londra, New York e Istanbul nel suo antico ippodromo, ma Roma appunto, grazie alla sua storia incomparabile, ha questo singolarissimo record. Gli obelischi, che nel lontano tempo del loro apparire, erano i benben per gli egizi, sorti ad imitazione dei raggi del Sole, arrivarono come prede dell’orgoglio, della supremazia e della magnificenza imperiale in epoche dominate da Augusto o Caligola (cui si deve oggi quello eretto poi nel 1586 da Sisto V in Piazza San Pietro). Il tempo, l’incuria insieme alla decadenza e poi alla caduta di Roma, significarono per gli obelischi la rovina. Atterrati alcuni distrutti, altri addirittura sepolti e poi rintracciati da una sorta di rabdomante che tastava il terreno sospetto con una lunga punta di ferro.Sarà appunto con Papa Sisto V nel 1586, che il primo dei mastodontici monoliti (sovente istoriati di geroglifici, altri nudi e di granito di Assuan) cominceranno ad essere ricollocati con autentiche imprese di geniale e complessa ingegneria. Sovrastati però, al loro culmine, non più dalla lamina d’oro su cui avrebbe dardeggiato il Disco Solare, ma da un crocefisso, che simboleggiasse la vittoria della vera fede sul paganesimo. Sisto V, fu anche un feroce moralista, considerava del resto le rovine dell’antica Roma, una “piaga cancrenosa” ereditata dall’orrenda civiltà pagana. Morì, prima di poter mettere in pratica una sua solenne promessa: distruggere nientemeno che il Colosseo! Scrive in catalogo, Paolo Giorgi, anche lui tra gli espositori, nel dettagliato resoconto intorno alla genesi della singolare collettiva, che esami sofisticatissimi analizzarono i pochi resti dei fiori quasi polverizzati tra le bende della mummia di Tutankhamon. Trattandosi di mandragola, del fiordaliso e della dulcamara, non c’erano dubbi che il fanciullo fosse stato sepolto circa 3600 anni or sono, nel mese di aprile. Lo stesso che Francesca Anfosso ha scelto per festeggiare i cento anni trascorsi da quel fortunoso ritrovamento. Il catalogo, un progetto grafico dello Studio Sycamore, annovera anche due preziose pagine inedite di Corrado Augias proprio sugli obelischi, tratte dal suo prossimo libro, in uscita a fine agosto per Einaudi.

 

Andrea Amadori - Obelisco di piazza Navona

Andrea Amadori - Obelisco di piazza Navona

Andrea Capanna - Obelisco villa celimontana

Andrea Capanna - Obelisco villa celimontana

Anna Di Stasi - Obelisco di Piazza San Pietro

Anna Di Stasi - Obelisco di Piazza San Pietro

Daniela Pasti - Obelisco di Via delle Terme di Diocleziano

Daniela Pasti - Obelisco di Via delle Terme di Diocleziano

Georges de Canino - Obelisco del Pincio

Georges de Canino - Obelisco del Pincio

Germano Paolini - Obelisco di Piazza dell Esquilino

Germano Paolini - Obelisco di Piazza dell Esquilino

Massimo Campi -Obelisco piazza della minerva

Massimo Campi -Obelisco piazza della minerva

Massimo Livadiotti - Obelisco di Piazza della Trinità dei Monti

Massimo Livadiotti - Obelisco di Piazza della Trinità dei Monti

Olmo Amato - Obelisco piazza della rotonda

Olmo Amato - Obelisco piazza della rotonda

Paolo Giorgi - Obelisco di Piazza del Quirinale

Paolo Giorgi - Obelisco di Piazza del Quirinale

Raniero Botti - Obelisco di Piazza Montecitorio

Raniero Botti - Obelisco di Piazza Montecitorio

Sergio Ceccotti - Obelisco di San Giovanni in Laterano

Sergio Ceccotti - Obelisco di San Giovanni in Laterano

Umberto Passeretti - Obelisco di Piazza del Popolo

Umberto Passeretti - Obelisco di Piazza del Popolo

GLI ARTISTI

I pittori

Raniero Botti, architetto assai apprezzato per la sua arditezza del concept nella progettazione delle varie hotellerie che sono la sua alta distinzione professionale, è nato a Roma nel 1960. La sua costante tensione nella ricerca di nuove soluzioni contemporanee non è disgiunta dall’indagine serrata sulla fotografia, i cui risultati esposti in mostre personali e collettive tra Roma, Grosseto, Sperlonga, Il Frantoio di Capalbio in dedica ad Armando Trovajoli. L’ombra e i volumi sono la sua interiorità, interpretati sapientemente nelle suggestioni dello spazio e delle proporzioni sia dalla fotografia e da tempo, segretamente, confluiti anche nella pittura, singolarissima tentazione questa, risolta in una confluenza di più soggetti, tra chiaritudini di nature morte e svettanti apici metropolitani.

Massimo Campi è nato e lavora a Roma, nel 1952. Nel 1987 vi espone in una personale presso la Galleria Incontro d’Arte. È invitato al Deagu Cultural Center in Corea del Sud nel 2003, presso la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Ciampino nel 2004, a Palermo nel 2005 presso la Elle Arte Gallery, al museo Civico Anticoli Corrado nel 2006. Nel 2011 è a Venezia presente presso la Fondazione Bevilacqua La Masa in una mostra che proseguirà per Hangzhou, in Cina. Sono del 2018 le collettive Seven, presso le Scuderie Aldobrandine di Frascati mentre la sua ultima personale è ordinata presso la Galleria Spazio Concrete, a Roma. E’ tra gli invitati, nel 2019, alla mostra evocatrice il bicentenario de l’infinito di Leopardi, a Sperlonga presso la Torre Truglia.

Andrea Capanna nasce nel 1969 a Roma, dove vive e lavora. Laureato in Teorie e Pratiche dell’Antropologia presso l’Università La Sapienza, dopo aver frequentato tra il 1994 e il 1996 l’Accademia di Belle Arti di Roma. Il suo lavoro sui “muri” è un percorso di ricerca delle infinite opportunità tecniche, concettuali ed estetiche che offre questa superficie. Ha esposto in varie mostre personali e collettive. Dal 2016 collabora con la galleria 28 Piazza di Pietra a Roma (2016, Urban Human; 2019 Urban Ruins; 2021, Look Out). Nel 2017 ha partecipato al progetto “Schermi Urbani” curato da Gianluca Marziani per Palazzo Collicola Arti visive a Spoleto.

Sergio Ceccotti è nato a Roma nel 1935. Allievo di Oskar Kokoschka nel 1956 a Salisburgo. Oltre a numerose mostre personali in Italia, Francia, Belgio, espone nel 1987 presso la Galleria d’Arte Contemporanea di Arezzo, è invitato a due edizioni della Quadriennale nel 1986 e 1999 come al Kunstmuseum di Uppsala nel 1993. Partecipa nella sezione Lazio alla 54° Biennale d’Arte di Venezia nel 2011. Espone presso il Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma nel 2014 e all’Istituto di Cultura di Buenos Aires nel 2015. Nel 2018, presso il romano Palazzo delle Esposizioni è ordinata una sua mostra antologica. È del 2019 la sua partecipazione presso la Torre Truglia di Sperlonga, alla collettiva intorno al bicentenario de L’infinito di Giacomo Leopardi.

Georges de Canino, nasce a Tunisi nel 1952, emigrerà in Europa nel 1963. Fin dal 1970 il suo lavoro si focalizza sui temi della memoria collettiva in particolare della Shoah e già nel 1974, la sua indagine su Rimbaud, approda in una mostra personale al Museo intestato al medesimo poeta. Molte le mostre personali: quella nel 1977 in Israele, al Museo Beit Lohamei Haghetaotil. Le collettive, nel 1983 presso il parigino Gran Palais. Sue opere sono state donate a due Papi: Giovanni Paolo II e Francesco nel 2016. Nel 2011 è nella sezione Lazio della 54° Biennale di Venezia. Nel 2018 è invitato alla mostra in omaggio a Fellini, presso il romano Hotel Art. Sue opere sono conservate presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, il Museo Storico della Liberazione, i Musei Vaticani, L’Archivio Centrale di Stato, Museo Ghetto Fighter’s House in Israele.

Anna Di Stasi, classe 1974 da Venosa. Già nel 1996 ottiene il Premio per il Concorso di Pittura, Angeli d’oggi. Per conseguire poi l’Abilitazione all’insegnamento del Disegno e Storia dell’Arte e così dal 2014, è docente del Corso di Vetrate Artistiche presso la Scuola d’Arte “Ettore Rolli”. Invitata a importanti mostre collettive, espone presso la Banca Azimut a Roma, la Galleria Nuova Emozione per “Iconica” e per “Sulla Via Francigena”. E’ presente presso i Musei di Villa Torlonia a Roma, per una mostra sulle Vetrate Artistiche nel 2017 e nel 2018, presso la Fondazione Giorgio de Chirico nella mostra “De Chirico in grisaglia”. Nel 2020 espone all’Hotel Art di Via Margutta nella collettiva “Omaggio a Fellini”.

Paolo Giorgi nato a Grosseto nel novembre 1940, vive a Roma. Un ciclo di dipinti su La montagna incantata di Thomas Mann nel 1984, lo pone all’attenzione della critica più provveduta. Mostre personali in gallerie di Milano, Brescia, Genova, Ferrara, Bologna, Roma, è invitato a tre edizioni della Quadriennale 1988, 1989, 2005 ed è del 2011 quello alla Biennale di Venezia, Padiglione Italia alle Corderie dell’Arsenale. Nel 2018, presso la Sala delle Risonanze dell’Auditorium Parco della Musica, è ordinata la mostra del suo ciclo di dipinti in dedica al melologo di Richard Strauss Enoch Arden. Nel 2018 espone presso il Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, 12 Acquerelli sulla figura di Gustav Mahler, mostra che sarà ospitata nel 2019 presso il Kulturzentrum di Dobbiaco. Due sue opere sono presso la collezione del MACRO, di Roma.

Massimo Livadiotti. Nato in Libia, vive e lavora a Roma. Principali mostre personali in Italia (Milano, Roma, Bologna, Parma, Latina, Alessandria...), due antologiche presso il Museo Petofi di Budapest (1997) e presso la Societad Nationales de Belas Artes di Lisbona (2000). Ha partecipato alla XII Quadriennale di Roma, alla mostra ‘Giganti’ al Foro di Nerva a Roma nel 1999 e nel 2010 alla LXI edizione del Premio Michetti a Francavilla a Mare.“Temi dechirichiani nella pittura di Massimo Livadiotti: gli anni 80” tesi di laurea presso la Facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza di Roma (A.A. 2004/2005); e “Massimo Livadiotti”, tesi monografica presso l’Accademia di Belle Arti di Catania (A.A.2007/2008). Collezioni pubbliche e private: Collezione della Farnesina, MACRO di Roma, Collezione Bulgari, Collezione Agrati, l’Istituto Pontificio di Archeologia Sacra a Roma, la Sede Centrale INPS di Roma.

Germano Paolini nasce a Brescia nel 1950 ed è del 1995 la sua prima mostra personale presso il Palazzo Patrizi del Comune di Siena: un ciclo di dipinti in dedica alla città di Praga. Una esperienza che si rinnoverà grazie all’Istituto Italiano di Cultura della capitale boema, nel 2013. A Roma, presso La Vetrata, aveva esposto cicli di opere dedicati alla città eterna sia nel 2000 che nel 2004 e nel 2005 al Salone di Maggio presso il Vittoriano. Invitato in prestigiose rassegne internazionali negli USA come a Malta, in Germania e a Budapest, lo è alla Primaverile ARGAM per tre volte e nel 2015 al Frantoio di Capalbio per Photography Festival, a Sperlonga nel 2019 per la collettiva per i duecento anni da L’infinito di Leopardi, la sua ultima personale risale al 2019 presso la Galleria La Tartaruga. Vive a Grosseto.

Umberto Passeretti nasce a Roma nel 1945. Formato all’Ecole Superieure des Beaux Arts de Paris, ha fatto parte della Nuova Scuola Italiana di Parigi (l’Art Engagè) e titolare di cattedra per discipline plastiche all’Istituto per la ceramica di Faenza sotto la presidenza di Angelo Biancini. Vive e lavora tra Roma e Parigi. Ha esposto in diverse personali: Rinascimento Privato (1989 Villa d’Este,Tivoli), Demetramata(1996, Les Ecuries de Waterloo, Bruxelles), Il simile ritrovato (1997 Palazzo d’Avalos, Vasto), Eidolon (1999 Galerie E. de Montbel, Paris), Ricerche (2000 Galleria Ricerca d’Arte, Roma), Eidolon (Galerie M.C. Goinard, Paris), Demetra e altre dee (2004 Evento Mercedes, Roma), Sol me rapuit (2008, Antiquarium di Villa Adriana a Tivoli), Un presente antichissimo, (2015 Mercati di Traiano-Museo dei Fori Imperiali, Roma). Anatomia del Panneggio (2019, Museo Archeologico, Siracusa).

Daniela Pasti, inviata culturale del quotidiano La Repubblica, ha sempre segretamente coltivato la pittura sino alla sua prima mostra personale, ordinata da Claudio Strinati, presso il romano Castel Sant’Angelo. Seguono partecipazioni a collettive di prestigio e a tema come il bicentenario di Verdi all’Auditorium della Conciliazione a Roma e alla Galleria Cà d’Oro di Miami (USA), l’omaggio a Giorgio Morandi tra l’Art Hotel di Roma e il Comune di Grosseto come anche tributi all’opera di W.Hammerschoi, Armando Trovajoli, Mary Shelley, Daniel De Foe e Federico Fellini. Una sua personale è ospite della Maison d’Italie a Parigi nel 2014. A Sperlonga nel 2019 è tra gli invitati ad evocare in una collettiva, il bicentenario de L’infinito di Leopardi.

I fotografi

Andrea Amadori riceve in dote dai genitori una grande passione per la fotografia che esercita rigorosamente in analogico. Nato a Roma nel 1984, già dal 2005 è chiamato ad esporre gli esiti di un suo lungo viaggio in Mongolia nel ciclo di fotografie “La percezione del nulla”: Nel 2008 è premiato al concorso fotografico nazionale Vittorio Bachelet. Cicli di lavori come “..pensami altrove” sono esposti a Roma nel 2009 e nel 2013, come presso il Laboratorio Fotografico Corsetti, nel 2015 è la volta di “Terre di confine”. Il suo ultimo progetto del 2019, “This is (not) America” è ordinato presso l’Associazione Aurea nell’ambito del Mese della Fotografia Roma (MFR) e nell’occasione viene presentato il libro in dedica al suo lavoro con testo critico alle immagini di Fabio Benincasa per la cura del Laboratorio Corsetti.

Olmo Amato si laurea in neurobiologia all’Università la Sapienza di Roma. Parallelamente agli studi universitari, si dedica alla fotografia e alla sperimentazione di tecniche di manipolazione digitale. Fotografo e filmmaker, si occupa di stampa fine art, post-produzione e didattica. Dal 2010 ad oggi, ha realizzato diversi progetti fotografici personali. Nei suoi lavori, prevalentemente in bianco e nero, integra foto d’epoca a scatti da lui stesso realizzati durante suoi viaggi. I suoi lavori sono selezionati ed esposti in festival, gallerie e fiere d’arte contemporanea.

 




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